FREDDIE MERCURY, IL NUOVO LIBRO DI LUCA GARRO’: LA NOSTRA INTERVISTA
E’ appena uscito per Hoepli Freddie Mercury, un nuovo volume sul compianto leader dei Queen curato dal giornalista (Rolling Stone, Jam, Rockstar, Rocksound, Onstage, Classic Rock) e storico della musica Luca Garrò.
Come mai hai deciso di scrivere un libro su Freddie Mercury, e che tipo di lavoro hai fatto?
Il libro rappresenta il quarto volume di una collana di Hoepli intitolata I Grandi Del Rock. La collana nasce dal successo del libro La Storia Del Rock, scritto da Ezio Guaitamacchi, di cui avevo curato la parte dedicata agli anni ottanta. Vista l’ottima accoglienza, la casa editrice decise di proseguire lungo quella strada, dando vita ad una serie di spin off che trattassero alcuni dei protagonisti di quella storia. Prima del leader dei Queen erano stati trattati John Lennon, Jimi Hendrix e Jim Morrison (anche questi ultimi due vedono un mio contributo) e proseguirà nel tempo con altre figure iconiche della musica popolare del ‘900. Chiaramente, non sono il primo e non sarò di certo l’ultimo a parlare di Freddie Mercury, cosa che inizialmente mi ha anche frenato. Cosa avrei potuto dire su un personaggio di questo calibro che non fosse già stato scritto? Pur essendo un fruitore musicale maniacale (ho più di diecimila dischi in casa), che spazia dal punk al folk e, nonostante nel tempo i miei gusti musicali si siano arricchiti a dismisura, i Queen restano qualcosa a cui sono molto legato, poiché sono stati il primo vero grande amore.
Qual è stato l’episodio della vita e della sua carriera che più ti ha colpito?
Episodi ce ne sarebbero decine, ma forse la cosa che mi ha sempre affascinato di più sono le origini di Freddie Mercury, che credo abbiano avuto un impatto decisivo su qualsiasi cosa abbia fatto nel corso della propria vita. Forse si tratta di una deformazione professionale dovuta al fatto di essere uno psicologo, ma credo che quei viaggi, tutto quel tempo passato da solo e così lontano dai propri affetti in un età in cui il bisogno era massimo, abbiano contribuito in maniera fondamentale a segnarne l’animo. Il carattere non si cambia, ma di certo su un animo così sensibile certi avvenimenti non possono che aver scavato un solco indelebile.
Cosa ti ha lasciato a livello emotivo questo libro ora che è finito, dopo aver ripercorso la vita e la carriera di un artista come lui?
Innanzitutto, scrivere questo libro è come se mi abbia permesso di chiudere un cerchio ideale della mia esistenza. La varietà di stili dei Queen, la voglia di provocare di Freddie, di andare oltre gli schemi precostituiti sono stati la molla che poi mi ha portato ad ascoltare band di ogni tipo. Spesso si dimentica che Kurt Cobain adorasse i primi album dei Queen, così come moltissimi altri insospettabili. Credo che alcune cose meno note lo possano avvicinare più di quanto si pensi ad altre grandi figure di rottura della storia del rock. La stampa, anche nel nostro paese, ha sempre guardato a lui e alla band come ad una sorta di corpo oscuro. Quando si parla dei grandi del rock, spesso ci si dimentica di loro, considerandoli un prodotto pop per la grande massa. Spero, nel mio piccolo, di contribuire a rivedere tutta la storia sotto un altro punto di vista.
Cosa può trovare in questo libro un fan dei Queen e di Freddie in più rispetto ad un altro?
Non ho la pretesa di dire che si possa trovare qualcosa di mai scritto: per ovvie ragioni non ho potuto gravitare intorno alla figura di Freddie Mercury. Tuttavia, oltre ad essere un collezionista e uno studioso dell’argomento da decenni, da tempo conosco personalmente Brian May, col quale mi è capitato più volte di parlare di Freddie. Non a caso, e questa sì che è una cosa completamente inedita, il libro si conclude con un’intervista esclusiva a lui e a Roger Taylor, che raccontano Freddie a venticinque anni dalla morte.