LE CANZONI DEI GREEN DAY CHE, SE NON LE CONOSCETE, VERGOGNATEVI
Una domanda facile facile prima di iniziare. Da quanto tempo ascolti i Green Day?
A) da American Idiot (2004)
B) da 39/Smooth (1990), o Kerplunk (1992)
Se la tua risposta è A) allora corri nella seconda metà di questo articolo, mentre se la tua risposta è B) continua pure a leggere.
Anzi, una ulteriore premessa: se sei tra coloro che non amano leggere i fatti personali di chi scrive, vai a trovarti un altro moscio e anonimo report con la scaletta sbagliata, come tanti che ho letto stamattina, e non ammorbare me.
Indice
Com’è stato il concerto dei Green Day al Pala Alpitour di Torino?
Per un attimo mi ero quasi pentita di aver comprato il biglietto per Torino anzichè Milano, perché quello era rimasto dopo aver sgomitato virtualmente con migliaia di utenti su Ticketone il giorno di apertura delle prevendite dei concerti dei Green Day (appuntamento di cui, va detto, quel giorno mi ero perfettamente dimenticata). E’ così da un bel po’ di tempo, o perlomeno, lo era in piena era pre-scoppio della bomba secondary ticketing: ovvero, i biglietti dei live grossi che finiscono in una manciata di secondi per poi ritrovarli a prezzi stellari su altri siti che “agevolano lo scambio tra fan” (come no). Di sicuro quello che scompare subito è il parterre, più introvabile di un unicorno arcobaleno. E, si dice, a pensar male, a mezz’ora dall’inizio del concerto, subito dopo il live degli Interrupters (che sono bravissimi, recuperateli se passano da soli in qualche club) il parterre era così:
All’inizio del live per capirci il Pala Alpitour era così:
Certo, poi si è riempito un po’ di più, ma vedere tutto quello spazio vuoto laggiù e te relegata, seppure in un’ottima posizione, sugli spalti è stato da forte rosicamento per tutto il tempo. Vabbè.
Ma un altro dei motivi per cui mi ero quasi pentita era il ricordo del PESSIMO concerto all’Arena di Rho nel 2013: un live tremendo, vuoi il freddo cane causa maltempo vuoi i ragazzini tenuti sulle spalle dei genitori con in mano l’iPad a riprendere TUTTO il concerto vuoi i dischi che erano usciti (ammettiamolo, la tripletta ¡Uno!, ¡Dos! e ¡Tré! fatto salvo per alcuni pezzi è un lavoro mediocre). Fortunatamente, e lo dice una che c’era pure nel 2012 quando il concerto all’Arena Joe Strummer di Bologna è stato annullato perché Billie Joe era stato male, il sano masochismo che a volte mi anima nei confronti delle band che adoro ha avuto ragione. I chilometri, il freddo, la neve, sono stati ampiamente ripagati da 2 ore abbondanti di un live fantastico.
I pezzi del disco nuovo, che nella sua globalità non è eccelso ma è sicuramente meglio della trilogia, dal vivo funzionano benissimo e il mio sospetto che siano stati pensati proprio per essere suonati live è stato confermato ulteriormente. I Green Day hanno deciso di tornare alle origini, abbandonando un po’ quel glamour che ne ha un po’ intaccato l’essenza da American Idiot in poi. Via le videoproiezioni, via tutti i fronzoli: una scenografia scarna, solo amplificatori, qualche fuoco d’artificio e il caro vecchio telone.
Si sono messi a nudo, per mostrare la loro anima che è rimasta sempre la stessa, la loro ritrovata carica di follia e genialità, il loro essere la voce dei disadattati, di quelli che non volendosi uniformare alla massa al liceo (e nella vita) vengono esclusi e derisi, e anche considerati un po’ tonti. Le vecchie canzoni, soprattutto i capolavori di quel disco, ampiamente sottovalutato, che è Nimrod, toccano le corde giuste di chi li segue da sempre, e di chi ha sempre riconosciuto in loro dei simili, anche se in tutti questi anni sembravano essersi un po’ persi.
L’energia, quella che serviva per godersi in pieno lo spettacolo, insomma è tornata palpabile: non sono mancate le invettive contro il nuovo American Idiot, ovvero Trump che “Non è il mio presidente”, e ad un certo punto Billie Joe ha quasi implorato in ginocchio di abbassare lo schermo dei cellulari: “Non ci serve nessun telefono, guardiamoci negli occhi!”, che poi è IL motivo per cui si va ad un concerto, fondamentalmente.
Qualche sparsa nota stonata però è arrivata a sprazzi proprio dal pubblico, che con gli anni è fortemente ringiovanito (ho capito perché i biglietti finiscono subito, se contiamo quelli delle tante mamme e dei tanti papà – visibilmente annoiati – a cui è toccata l’incombenza di accompagnare i giovani pargoli) ma nonostante le infinite possibilità, e la tecnologia, su alcune canzoni epocali non reagisce. Ed è solo qui che il ritmo, impeccabile, è leggermente calato: Billie Joe, Mike Dirnt e Tré Cool sembravano aspettarsi determinate reazioni su determinati brani. Reazioni che non sono arrivate perché, appunto, per molti la discografia si riduce ad American Idiot, 21st Century Breakdown e Revolution Radio (forse) ma solo perché lo passa Virgin Radio. Capiamoci, paradossalmente questi nuovi fan si fanno persino i selfie con le mogli dei componenti della band fuori dall’albergo in cui hanno alloggiato in questi giorni. Che tipo io al supermercato non le riconoscerei, e manco so come si chiamano.
Per cui veniamo subito all’altro punto…
Per chi ha risposto A) al test: quali sono le canzoni dei Green Day che è una vergogna non conoscere
Parliamone: cari amici che ascoltate i Green Day da poco più di una decina d’anni, che saltate come dei pazzi su Jesus of Suburbia e St. Jimmy ma siete stati capaci di rovinare diversi momenti in cui i Green Day si aspettavano decisamente un’altra reazione davanti ad alcune canzoni che era un po’ che non suonavano (che, poveretti, si sono ritrovati di fronte ad un pubblico che pareva non conoscere l’esistenza di alcuni bellissimi pezzi storici ante 2004).
Oggi come oggi l’ignoranza è inammissibile, c’è YouTube, Spotify, Shazam, letteralmente ogni-mezzo-possibile e se vi dichiarate fan e non siete ancora andati a recuperare non dico Kerplunk e 39/Smooth che sono stati pubblicati probabilmente quando non eravate ancora nati ma almeno Nimrod (1997), spiacente, non avete proprio capito una mazza. Per cui, vi faccio un favore. Ecco quali sono le canzoni dei Green Day assolutamente da imparare a memoria per la prossima volta.
Scattered – da Nimrod
Una canzone stupenda, che non suonavano da almeno una vita e mezza, di un album inspiegabilmente bistrattato e mai riscoperto anche a posteriori.
Hitchin’ a Ride – da Nimrod
Guardate questo video, pure se non siete della MTV Videogeneration. Ascoltate il ritmo, il senso del brano, e soprattutto lo stacco-attesa prima dell’esplosione TOTALE:
When I Come Around – da Dookie
Eh sì. Molti, più delle due canzoni precedenti, la conoscevano, ma non ci sono stati dei grossi entusiasmi. Doveva venire giù il palazzetto. Davvero vi piace di più St. Jimmy?
E per finire…
King for a Day – da Nimrod
E niente, su Nimrod proprio il vuoto cosmico. Soprattutto su questa, uno dei pezzi che più rappresenta il mood con cui i Green Day hanno sempre affrontato la loro avventura musicale, ever.
Tra l’altro il sassofonista, nel lungo cazzeggio tipico a metà del brano in ogni concerti in cui lo fanno, ha fatto un breve accenno (che se non lo sapete ve lo dico io) al compianto George Michael, da poco scomparso, un omaggio alla sua Careless Whisper. Mentre l’altro pezzo con cui i Green Day mixano sempre questa canzone è questo, colonna sonora portante di Animal House, film cult del 1978 di John Landis con John Belushi.
Ma quindi?
Se a giugno a Monza con i Rancid (TORNANO I RANCID!) i Green Day replicheranno come hanno suonato ieri a Torino, e se suoneranno così anche nelle altre date a Firenze, Bologna e Milano, lo show sarà davvero imperdibile.
Anche solo per commuoversi tutti assieme, un collettivo fiume di lacrime sull’inaspettato pezzo che ha chiuso il concerto. Sì, proprio lui. E chi l’avrebbe mai detto?
I Green Day sono ancora capaci di sorprenderci/mi, chapeau.