THE JIMI HENDRIX REVOLUTION, APPUNTAMENTO AL TEATRO DELLA LUNA
Il 23 marzo 2018, per una sola sera, Jimi Hendrix tornerà in vita: andrà infatti in scena al Teatro della Luna di Assago-Milano lo spettacolo THE JIMI HENDRIX REVOLUTION – la religione elettrica, dedicato alla storia del leggendario chitarrista di Seattle. Sul palco salirà uno trio formato da Andrea Cervetto, voce e chitarra, Alex ‘Polipo’ Polifrone alla batteria e Fausto Ciàpica, basso e voce, che interpreterà l’intramontabile repertorio di The Jimi Hendrix Experience, illustrato dalle scenografie e dalle tele del pittore Franco Ori che dipingerà dal vivo durante lo show.
Il tutto sarà amalgamato dagli interventi del celebre sceneggiatore e fumettista Giancarlo Berardi, qui eccezionalmente in veste di narratore, curatore dei testi e regista. Alla serata parteciperanno anche i migliori allievi della Rock Guitar Academy che si esibiranno con alcune variazioni sul tema hendrixiano spaziando dal rock al blues, Phil Palmer in qualità di special guest e durante l’evento saranno trasmessi in anteprima per l’Italia alcuni brani inediti di Hendrix tratti dal nuovo album uscito venerdì 9 marzo, Both Sides Of The Sky, co-prodotto da Eddie Kramer, recording engineer di Jimi Hendrix di tutti i suoi album, insieme a Janie Hendrix e John McDermott. Il tutto sarà accompagnato da uno speciale video esclusivo realizzato l’occasione.
«Il primo brano che ho ascoltato di Jimi è stato Redhouse», ci racconta Andrea Cervetto, «avevo 14 anni e me lo ha fatto ascoltare un amico. Mi ha colpito subito già dalle prime note, c’era qualcosa di diverso rispetto a brani che andavano in radio in quegli anni: era diretto, senza filtri, partivano le prime note ed era magia. Questo mi ha spinto a scoprire chi era Jimi Hendrix e quale altra musica aveva fatto, collocarlo nel suo contesto storico e capire che assolutamente aveva rivoluzionato il modo di scrivere musica e suonare la chitarra, ne ha letteralmente cambiato il cammino. E’ stato un amore al primo ascolto. Basti pensare il cambiamento di rotta e l’influenza che ha avuto in così pochi anni e con pochi dischi, ha in pratica sconvolto l’ecosistema della chitarra tanto da poter dire che esiste un prima e un dopo Hendrix».
Anche per Giancarlo Berardi l’incontro con Hendrix è stato davvero rivoluzionario: «Venivo dall’ascolto dei Beatles e dei Beach Boys, di cui interpretavo le canzoni con il mio gruppo musicale. Jimi fu un pugno nello stomaco. Era sporco, brutto e cattivo. La sua musica non accarezzava, graffiava. Una musica provocatoria, non consolatoria. E, oltretutto, aveva una tecnica chitarristica evoluta, difficile da riprodurre. Insomma, una sfida e una frustrazione continue. La sua voce era bassa, cupa, baritonale, niente a che vedere con i cori in falsetto a cui ero abituato. Tirava fuori le ombre più profonde del mio animo. Capii che qualcosa era cambiato, e che nulla sarebbe stato più come prima».
Per entrambi Jimi ha rappresentato moltissimo: per Andrea «sicuramente innovazione sia strumentale che musicale, lo strumento messo al servizio dell’estro e dell’anima. Ascoltandolo è come se ci fosse un filo diretto, non ci sono barriere e non ci sono schemi predefiniti. Le sue incisioni in studio sono praticamente registrazioni live, nelle esibizioni dal vivo non si ripeteva mai e tutto era dettato dalle emozioni del momento. La cosa che mi colpisce di più è che, che io sappia, il suo discorso musicale è nato e morto con lui, non ha avuto un erede che ha portato avanti ciò che lui aveva iniziato, mi riferisco alle sue composizioni e al suo stile di fare musica, questo forse ci fa capire ancora di più la sua grandezza ed il suo essere unico. Jimi per me rappresenta la libertà di espressione in musica».
Invece Giancarlo, che è un ragazzo del Sessantotto, ricorda che «all’epoca, frequentavo l’università e marciavo con il Movimento Studentesco contro la guerra del Vietnam e contro le tante ingiustizie di un mondo diviso tra sfruttati e sfruttatori. La mia generazione era piena di ideali, coltivavamo l’utopia di poter cambiare la società, unendo le forze di giovani, operai e intellettuali. Fu la politica a tradirci, lasciando uno strascico di disillusione e di violenza che aprì le porte agli anni di piombo. Jimi era la nostra colonna sonora. La sua ribellione – estetica, verbale, culturale, musicale – dava forma, sostanza e contenuti al nostro stato d’animo. Era il nostro manifesto, la voce e il suono della protesta giovanile. Anni dopo, quando morì, mi trovavo a Londra. La città, normalmente compassata e fredda, quel giorno sembrava rattrappita. Ricordo che pioveva. O forse stavo solo piangendo».
Da queste emozioni nasce The Jimi Hendrix Revolution, che per Andrea è stata una grande sfida «per non cadere nel banale, mantenendo un grande rispetto nei suoi confronti e cercando di dare, grazie agli interventi seppur brevi di narrativa, una visione dell’uomo Jimi Hendrix attraverso le sue parole, oltre che attraverso la sua musica, vederlo contemporaneamente anche nascere su una tela completa il viaggio. Il nome scelto The Jimi Hendrix Revolution ha due significati, il primo di facile intuizione e cioè la rivoluzione che Jimi è stato a livello chitarristico, musicale e sociale; il secondo che questo spettacolo vuole essere un nuovo tipo di spettacolo dove più arti si incontrano e si uniscono e anche questo in parte può essere considerato rivoluzionario».
Lo spettacolo nasce anche, aggiunge Giancarlo, «perché anche oggi c’è bisogno di una rivoluzione. Perché ogni generazione dovrebbe combattere la propria. Perché, come hanno insegnato le band degli anni Sessanta, la società si cambia anche con una chitarra e un po’ di rabbia. Perché è un progetto nuovo, che unisce il pensiero la musica e l’immagine: tre percorsi che fanno parte del mio bagaglio professionale ed umano. Perché torno in teatro a recitare e a occuparmi di regia. E poi c’è il piacere di condividere il tutto con un musicista d’eccezione: il mio amico Andrea Cervetto».